Sulla minoranza ladina

Oggi sono intervenuto in Aula, a nome del PD, in occasione delle dichiarazioni di voto finale relative alla proposta di legge costituzionale recante “Modifiche allo Statuto speciale per il Trentino Alto-Adige in materia di tutela della minoranza linguistica ladina”. Di seguito, il testo del mio intervento.

 

Grazie Presidente.

Con quest’atto il nostro Parlamento compie un ulteriore passo in avanti nella tutela delle minoranze linguistiche presenti sul territorio nazionale. Mi dispiace che qualche volta, anche nella discussione di oggi, non si valorizzi pienamente quello che è uno degli elementi di maggiore orgoglio repubblicano, cioè il fatto che il nostro Paese, la nostra Repubblica, abbia saputo in questi anni organizzare un sistema articolato e complesso di tutela delle minoranze etniche e linguistiche che ci è spesso invidiato a livello europeo. La tutela non è infatti solo nelle norme costituzionali, ma è anche nel sistema complesso di autonomie speciali fondato su Statuti e su organi appositi che danno corpo all’idea di autogoverno democratico, un principio repubblicano per eccellenza che, anche a livello internazionale, è considerata la via maestra per la tutela delle minoranze.

È una via di successo, solo a guardare la convivenza pacifica che si è realizzata nei territori interessati laddove purtroppo ci sono state stagioni di violenza e di incomprensione e solo a guardare la qualità della vita che, grazie a questi strumenti autonomistici, oggi è garantita a tutti i cittadini. Questo sistema si nutre di due elementi fondamentali che sono anche alla base di questo provvedimento: una forte e leale collaborazione tra il Governo centrale e i governi locali, e questa legislatura è stato un chiaro esempio di questa positiva collaborazione senza la quale non è possibile fare alcun progresso reale,e, dall’altra parte, una continua tensione al miglioramento.

Dunque, da ambo le parti, dal livello centrale e da quello locale, è necessario che vi sia una visione dinamica e progressiva della tutela, che si nutra di principi stabili e inderogabili, ma anche di continui aggiornamenti e di modifiche. Questa è la chiave fondamentale perché la tutela dei diritti è un lavoro costante di ricerca di equilibri più avanzati, è un lavoro di bilanciamento che sta al cuore di questo lavoro di tutela. È un’arte, quella del bilanciamento, frutto di un continuo ascolto delle ragioni dell’uno e dell’altro e frutto di un continuo aggiustamento, tanto più in un ambiente complesso come quella della regione Trentino Alto Adige-Sudtirol in cui non vi è solo una minoranza, quella più nota, quella tedesca, inoranza in regione, maggioranza in provincia di Bolzano, ma vi è anche il gruppo italiano, maggioranza in regione e minoranza in provincia, e quello ladino, minoranza in entrambe le province; oltre ad altri gruppi, come quello appunto della minoranza mocheno-cimbra.

È perciò essenziale entrare in questo sforzo di bilanciamento con la dovuta attenzione e discrezione, abbandonando i furori ideologici e badando a migliorare, e non a peggiorare quella grande opera di convivenza pacifica che è stata la creazione del sistema di autonomie; non a caso celebrato qualche giorno fa a Merano dai due Presidenti della Repubblica italiana e austriaca, in occasione della celebrazione dell’anniversario della quietanza liberatoria che ha chiuso la controversia sollevata in sede di Nazioni Unite in modo positivo.

Quante altre controversie sono state sollevate nel mondo e in Europa, e quante altre sono state chiuse con reciproca soddisfazione di tutte le parti? Questo dovrebbe essere un elemento di cui tutti andiamo orgogliosi.Questo provvedimento si iscrive a pieno titolo in questo processo di autonomia progressiva e di delicato bilanciamento. Si tratta di un provvedimento a favore della minoranza ladina, nello sforzo di giungere ad un sempre più pieno riconoscimento di tale minoranza e ad  una sempre maggiore parità rispetto agli altri gruppi linguistici. Sono queste le due parole chiave, riconoscimento e parità. La minoranza ladina in passato non è stata protagonista della stagione dei nazionalismi: li ha subiti! Il suo riconoscimento non è stato facile, se si pensa che la prima richiesta risale al 1920, e allora fu negata dal Regno d’Italia; ora la Repubblica, dopo aver accolto, con lo statuto del 1972, la tutela delle tre identità, compie un passo ulteriore. E ci auguriamo che altri passi possano seguire, in particolare per i ladini, che stanno, come è stato ricordato, nella regione Veneto.

Sarebbe ingiusto ridurre questo provvedimento ad una questione di equilibrio di cariche, senza cogliere la radice profonda che ruota attorno ai principi di riconoscimento e di parità. Si tratta di due principi cardine della vita politica nelle società democratiche. Il riconoscimento è il poter essere riconosciuti come soggetti, e non oggetti della vita individuale e sociale: è ciò che chiedono le persone, è ciò che chiedono le comunità, laddove sono espressione della persona e dove sono appunto, come nel caso della Costituzione italiana, tutelate come formazioni sociali all’interno delle quali solo può compiersi la realizzazione della persona.

Certo, le comunità devono svolgere un ruolo di promozione e di emancipazione delle persone, non certo di soffocamento; e dunque è giusto che la tutela delle comunità si iscriva in un più ampio sistema di tutela dei diritti delle persone. Soggettività vuol dire lingua, cultura, tradizione, istituzioni, parole che non è sufficiente pronunciare: noi sappiamo quante migliaia di lingue e di culture nel mondo continuano a morire, laddove non vi siano azioni sufficienti di tutela, politiche attive di sostegno. Ora, con questo provvedimento, giunge ad un riconoscimento più forte la minoranza ladina a Bolzano e a Trento, e anche la minoranza mochena-cimbra che viene menzionata in questo provvedimento.

Per la provincia di Trento vi è un importante riconoscimento del ruolo del Comun general de Fascia, un ente sovracomunale che è stato istituito con legge provinciale e che è espressione dell’autogoverno e della tradizione di autogoverno della comunità ladina in Trentino; e spiace pensare che il rafforzamento di questa realtà così positiva possa essere interpretato come una volontà di togliere potere ai singoli comuni o alle comunità inferiori. Il secondo principio è la parità dei gruppi nella proporzionalità. Con questo provvedimento viene rafforzato il principio delle pari opportunità. Non è vero che questo fa parte di una legislazione del passato: con la legislazione vigente le persone non godevano delle stesse possibilità di accesso alle cariche pubbliche che invece con questo provvedimento viene maggiormente garantita, sia pure attraverso un meccanismo complicato, ma anche importante e positivo, di concertazione con gli altri gruppi linguistici.

Infine, ho sentito che si è detto che il core business di questo disegno era addirittura l’alterazione della legge elettorale, con alcuni articoli che poi il Senato ha deciso di espungere da questo provvedimento. È sufficiente guardare la storia di questo atto parlamentare per capire che questa critica è del tutto gratuita: il core business di questa iniziativa fin dall’inizio è stata la tutela della minoranza ladina all’interno della nostra regione; questo è l’elemento cardine che è rimasto vivo, e non a caso oggi in quest’Aula trova ampia condivisione e valorizzazione.

E sarebbe un errore pensare che dobbiamo attendere una riforma globale dello statuto di autonomia, o che questo provvedimento cozza con quello che stanno facendo le province autonome di Trento e di Bolzano con lo strumento della Consulta e della Convenzione: si tratta di strumenti molto importanti, che hanno dato luogo nelle due province ad un significativo processo di partecipazione di tutte le forze politiche, delle istituzioni, delle associazioni della società civile; ma è un lavoro, questo, che non impedisce di migliorare lo statuto attraverso provvedimenti mirati laddove siano in gioco i diritti delle persone e delle minoranze come in questo caso. È questa, in un certo senso, anche la storia del successo dell’autonomia: non quella di scrivere un libro dei sogni, con delle trasformazioni radicali, ma quella di costruire gradualmente, attraverso una concertazione sempre più ampia tra le forze politiche, attraverso una concertazione tra governi locali e governo nazionale, attraverso il consenso della comunità internazionale, questo delicato bilanciamento di diritti che sta alla base del successo di questa storia. E per questo ci auguriamo un’approvazione di questo provvedimento, ora nella Camera dei deputati e poi nella seconda lettura che avverrà più avanti.

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