In vista del Consiglio europeo

Mercoledì 16 dicembre sono intervenuto in Aula in occasione delle Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in vista del Consiglio europeo del 17 e 18 dicembre 2015

 

Grazie, signora Presidente. Colleghe e colleghi, come è già stato più volte ricordato in questa discussione il Consiglio europeo dei prossimi giorni si colloca in uno dei momenti più difficili della storia dell’unificazione europea, come ha ricordato il Presidente del Consiglio in apertura. È il primo consiglio che si svolge dopo gli attentati di Parigi, che seguono purtroppo altri attentati in altri Paesi del Mediterraneo.
In quegli attentati sono state colpite persone inermi, ma è stata colpita anche l’idea di Europa, sia come idea di convivenza libera, pacifica e tollerante, basata sui diritti umani, sia come comunità politica capace di tutelare la vita dei propri cittadini e di proteggerne i diritti fondamentali, ivi compresi i diritti sociali, così duramente colpiti dalla crisi finanziaria degli anni scorsi e da politiche economiche incapaci di sostenere adeguatamente la crescita e lo sviluppo non solo dell’economia, ma anzitutto della vita di tutte le persone, in particolare di quelle più deboli.

Condividiamo decisamente la linea adottata dal Governo italiano e ribadita anche dai vertici delle nostre istituzioni, penso alle dichiarazioni della Presidente Boldrini e del Presidente Mattarella. La lotta alla violenza terroristica si deve svolgere nel rispetto dei diritti umani e del primato del diritto interno e internazionale, perché se il terrorismo è anche negazione di quella che noi chiamiamo visione umanistica, come è stato detto da colleghi, e anche nichilismo, è solo riaffermando e non negando la nostra visione umanistica della democrazia che si può sconfiggere il terrorismo come il nostro Paese, l’Italia, ha saputo sconfiggerlo con un paziente lavoro, non solo di repressione, ma anche e soprattutto di valorizzazione della ragione critica e della capacità inclusiva delle istituzioni

Condividiamo dunque, proprio per ragioni giuridiche e politiche, il non utilizzo del termine « guerra », che evoca relazioni tra Stati e implica riconoscimenti di soggettività politiche che noi neghiamo a chi annienta la vita inerme. Condividiamo l’approccio italiano centrato sul binomio sicurezza ed educazione, sicurezza e cultura. Proprio la storia italiana di contrasto al terrorismo può dire molto all’Europa, la cultura non è solo fruizione di eventi, vuol dire coltivazione della ragione critica, vuol dire scuola, università, biblioteche, musei, vuol dire dialogo !

Vi è poi anche la forza inclusiva delle istituzioni democratiche e il sostegno al pluralismo sociale, che rappresentano strategie fondamentali con cui il nostro Paese ha sconfitto il terrorismo e che oggi devono essere riaffermate in Europa. Su questa centralità dei diritti umani non è vero che la presenza italiana, come qualcuno ha sostenuto, è stata insignificante a livello europeo: proprio nel semestre italiano la questione è stata posta, ed è stata ripresa successivamente dalla presidenza lussemburghese, poi olandese, a segnare una visione irrinunciabile del nostro modo di intendere l’Europa.

Lo stesso approccio lo vogliamo sulle migrazioni e sui richiedenti asilo. L’Italia ha posto, e deve continuare a porre con forza, la richiesta di un approccio globale e comune a questi fenomeni: una politica europea sull’immigrazione, una politica comune europea sull’asilo. L’Italia deve battersi in sede europea sulla via che già ha aperto negli anni scorsi, ma sulla via anche ribadita dalle Nazioni Unite, dal Consiglio d’Europa per un sistema di asilo europeo basato conformemente al Trattato di Lisbona sullo status di rifugiato, fondato sul mutuo riconoscimento, sul superamento del regolamento di Dublino quanto al principio del Paese di primo arrivo, sulla solidarietà nelle politiche di redistribuzione e di rimpatrio.

È totalmente inaccettabile la procedura di infrazione nei confronti del nostro Paese in materia di asilo: l’infrazione è europea nei confronti dei propri Trattati, anzitutto dell’articolo 78 del Trattato di Lisbona e di innumerevoli prese di posizione della Commissione europea, a partire dall’Action Plan di Stoccolma 2010. In tutti questi documenti viene ribadita la necessità di una politica comune in materia di asilo, di uno status comune del rifugiato che solo può consentire una via d’uscita all’emergenza.

È stata positiva l’istituzione di una polizia europea, che segue a una moneta comune: dobbiamo andare avanti su queste politiche anche nel campo della difesa, anche nel campo della cooperazione culturale e della ricerca. Tutto questo è la dimostrazione che l’Europa unita si sta facendo, più di quello che noi pensiamo: paradossalmente l’euroscetticismo cresce perché cresce l’unificazione. Nella storia i processi di unificazione politica non si compiono in giorni, ma in anni, talvolta in secoli: così è stato per lo Stato nazionale e così oggi è per l’Europa. L’Europa si sta facendo, il problema è il come.

E allora l’approccio italiano deve ribadire con forza le forme di questa unificazione europea: primato dei diritti umani, civili e sociali, primato del diritto e della legalità, ma anche più governance democratica e maggiore valorizzazione del pluralismo come vere forme di integrazione sociale. In questa prospettiva sta la battaglia per una governance democratica dell’euro, che noi dobbiamo aprire non dal 2017 ma già dal 2016, aprendo la discussione non solo alle cerchie dei tecnici ma ad una vera discussione politica. La nomina del Presidente della Commissione Juncker è avvenuta perché l’abbiamo posta in forte connessione con il voto per il Parlamento europeo: questa strada di rafforzare l’indicazione dei cittadini, il loro potere di determinare dentro un quadro di politica europea le scelte fondamentali, è una strada di non ritorno; e allora anche sulla governance della moneta unica, anche sulla governance europea non devono parlare solo i presidenti, ma deve parlare l’opinione pubblica europea, devono parlare i partiti politici europei, e noi dobbiamo essere al centro di questa discussione.

Dentro questo quadro di più democrazia e di valorizzazione del pluralismo ci sta anche la differenza tra i Paesi dell’Eurozona e i Paesi che non intendono aderire; e così possiamo comporre la permanenza del Regno Unito dentro l’Europa, riuscendo ad evitare quella che sarebbe per tutti un tragico fallimento del nostro faticoso ma straordinario processo di unificazione del continente.

Dunque questa politica europea deve rafforzarsi, e deve riprendere l’ispirazione umanistica contro il nichilismo. Ma attenzione, quello che noi chiamiamo nichilismo non ha solo una componente distruttiva: ci sono giovani che sono disposti a dare la vita per un ideale sbagliato e feroce, ma ci sono ancora idee capaci di mobilitare la vita delle persone. Noi dobbiamo recuperare la capacità di diffondere capillarmente, a partire dalle nuove generazioni, il metodo del dialogo non violento, ma anche la capacità di proporre ideali positivi per cui la vita vale la pena di essere spesa per sé e per gli altri: e l’Europa deve essere tra questi valori.

 

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