La sentenza CEDU sulla violenza contro le donne

Oggi la Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato l’Italia per un caso di violenza avvenuto ad Udine nel 2013.

Elizaveta, aggredita dal marito alcolista, si salvò grazie all’intervento del figlio, che rimase ucciso. La donna aveva sporto denuncia e aspettato 7 mesi prima che le autorità aprissero un procedimento penale. Ospite di un centro rifugio, ne era stata allontanata per mancanza di fondi. La Corte di Strasburgo ha affermato che l’inerzia delle autorità preposte ha avvallato violenza e omicidio (qui trovate il comunicato stampa della sentenza).

Sebbene si tratti di una prima sentenza e ora l’Italia abbia tre mesi di tempo per presentare le sue argomentazioni, la pronuncia della Corte rappresenta un caso esemplare e meritevole di attenzione. Il nostro Paese è stato condannato all’unanimità per una inerzia delle autorità a cui la donna aveva denunciato, per mesi, di essere oggetto di violenza da parte del marito.

Questo è l’elemento che colpisce: non si tratta di una violenza improvvisa, ma di una violenza costante nel tempo e radicata in quel contesto familiare. Inoltre, c’è il doloroso coinvolgimento del figlio rimasto ucciso, che rende la vicenda ancora più drammatica ed emblematica.

Per contro, da parte italiana, in quel periodo, è stato varato il decreto legge sul femminicidio e sono stati stanziati i fondi del Piano nazionale antiviolenza. Insomma, dal punto legislativo e amministrativo c’è stata una reazione e credo che questo sarà apprezzato dalla Corte e dal Consiglio d’Europa.

Resta comunque un monito difronte a un fenomeno rispetto al quale la sensibilità degli operatori riveste un ruolo fondamentale. Per prevenire questi casi è essenziale che le persone che ricevono le segnalazioni abbiano la sensibilità di cogliere la gravità delle situazioni. Sono quindi fondamentali la formazione degli operatori e la prevenzione.

Qui trovate alcuni articoli sulla vicenda pubblicati oggi sui quotidiani nazionali.

 

In tema di crimini domestici, la Camera ha approvato ieri all’unanimità la proposta di legge recante “Modifiche al codice civile, al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in favore degli orfani per crimini domestici”.

Con questa legge, si vogliono finalmente introdurre nel nostro ordinamento delle misure volte a garantire tutele più ampie per tutti coloro che restano orfani in seguito ad un delitto compiuto in ambito domestico. E’ infatti dovere delle istituzioni farsi anche carico delle conseguenze che tali crimini determinano sui figli delle vittime.

La legge riguarda i figli minorenni e maggiorenni non economicamente autosufficienti di vittime di omicidi commessi dal coniuge, dall’altro componente dell’unione civile o da una persona con la quale la vittima stessa era legata attraverso una relazione affettiva ed una convivenza stabile.

Qui trovate l’iter di approvazione.

Qui trovate un interessante dossier che ne delinea i principali contenuti.

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