Sulle principali questioni di politica internazionale

Con i colleghi della maggioranza, ho presentato questa mozione sulle principali questioni di politica internazionale.

 

La Camera,

premesso che

i tanti segnali di incertezza, di tensione o di vera e propria crisi internazionale che caratterizzano il 2016, con un acuirsi nelle ultime settimane, richiedono il massimo grado di razionalità e di responsabilità nella lettura degli accadimenti e nella prospettazione delle possibili azioni di ricomposizione, pena il rischio di accentuare gli effetti nefasti di quella che autorevolmente è stata definita una sorta di “tempesta perfetta”; a livello internazionale è in atto da tempo una tendenza negativa, di inedita intensità, che sottolinea la crisi di ogni ordine mondiale precedente e regolato da super potenze, nonché l’assenza di nuovi paradigmi o comuni punti di intesa,  la risorgenza di pulsioni nazionalistiche o unilateralistiche e una crescente sfiducia delle opinioni pubbliche e delle classi dirigenti nella possibilità di una gestione comune delle sfide economiche e di sicurezza come confermano fenomeni tra loro assai differenti ma tutti in vario modo dirompenti quali Brexit, la mancata gestione europea dell’immigrazione o il dilagare del terrorismo;

il nuovo corso mondiale appare segnato dal protagonismo di attori emergenti vecchi e nuovi, come la Russia, la Cina o la Turchia caratterizzate da tentazioni egemoniche e unilatereraliste, finalizzate ad un multipolarismo muscolare rispetto al quale è stata finora poco incisiva l’azione svolta dall’Unione Europea e per altri aspetti dall’amministrazione statunitense;

l’ormai cronica emergenza umanitaria legata alle migrazioni, la guerra siriana, il difficile processo di ricostruzione delle istituzioni libiche, gli attentati jihadisti in Europa e in oriente,  il voto per la Brexit e più in generale la crisi del progetto di integrazione europea e il dilagare dei populismi, il tentativo di golpe in Turchia, lo stallo in cui versa il processo di pace israelo-palestinese, sono tutte minacce intrecciate che, da un lato rendono il Mediterraneo un crocevia di tensioni globali, insicurezza, terrorismo, crisi regionali, dall’altro possono comportare l’indebolimento della risposta europea;

in un contesto di tali complessità, l’unica reale prospettiva di incidenza per un Paese come l’Italia è quella di operare per il rafforzamento del rule of law a livello internazionale, nonostante la crisi delle istituzioni internazionali, nella prospettiva di realizzare un ordine mondiale basato sul rispetto dei diritti umani, sulla libertà e pari dignità dei popoli, sulla risoluzione democratica e pacifica delle controversie e su di una più equa distribuzione delle risorse; a tal fine l’Italia è impegnata a consolidare e qualificare le alleanze delle coalizioni internazionali di cui fa parte, in primis l’Unione europea, la NATO e l’ONU, in continuità con la tradizione delle strategie internazionali perseguite dall’Italia, nel rispetto della lettera e dello spirito dell’articolo 11 della nostra Costituzione che ricordiamo strutturato su tre parti armoniche e d’insieme: il ripudio della guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, il consenso a limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri pace e giustizia tra le nazioni, la promozione del multilateralismo sotto forze delle organizzazioni internazionali rivolte a pace e giustizia;

per quanto attiene il rilancio del progetto europeo, dopo l’esito del referendum nel Regno Unito, è indispensabile affrontare quanto prima alcune questioni di fondo riguardanti le istituzioni comunitarie e alcuni meccanismi economici, quali il rafforzamento del ruolo del Parlamento europeo, consolidando le sue funzioni legislative in tutti gli ambiti di azione dell’Unione e formalizzando il suo potere di nomina del presidente della Commissione europea, o la questione della revisione del Patto di stabilità e del Fiscal Compact;

l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea apre per il Continente una nuova fase, caratterizzata da incognite e incertezze, ma anche da nuove speranze fondate sull’esistenza di un patrimonio comune di valori, idee e tradizioni che ci unisce come europei e dal quale ripartire per un rilancio del progetto europeo. L’Unione europea dovrà continuare ad essere per i suoi cittadini un sogno di pace e di reciproca comprensione, di speranza della dignità umana, di libertà, democrazia, certezza del diritto, solidarietà e di Umanismo. Questi valori sono il vero capitale per il nostro futuro comune, nella ferma convinzione che l’Unione europea rimane la migliore risposta alle sfide di oggi; ciò implica una svolta nella politica economica europea, sulla quale anche il FMI nonché le opinioni pubbliche europee e il Parlamento europeo hanno aperto una riflessione critica nel senso che il rigore che deve riguardare la spesa pubblica corrente non può essere esteso agli investimenti, pubblici e privati; di qui la necessità di mettere in campo nuovi strumenti quali gli eurobond e di rimettere in discussione le caratteristiche del patto di stabilità e del fiscal compact;

occorre proseguire nel sostegno alla strategia per rafforzare l’Unione europea e la sua azione esterna e di sicurezza di fronte alle sfide del XXI secolo, promosso dall’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini. Da questo punto di vista, se da un lato la Brexit implica la perdita di uno Stato Membro con una rilevante dimensione militare, dall’altro apre nuove opportunità e pone nuove esigenze per il rafforzamento della Difesa Europea;

il vertice dei Capi di Stato e di governo Nato che si è tenuto a Varsavia, l’8-9 luglio, ha affrontato un contesto molto delicato per la sicurezza euro-atlantica, caratterizzato da tensioni con la Russia sul “fianco est” e da una crisi migratoria e dal terrorismo internazionale jihadista, entrambi alimentati da crisi e conflitti, sul “fianco sud”;

nell’ambito del difficile, ma indispensabile dialogo con la Russia, le pur necessarie misure dissuasive devono essere affiancate dal compimento di ogni sforzo per salvaguardare il rapporto di cooperazione con tale Paese, quale partner per la composizione delle crisi nel vicinato comune, nel bacino del Mediterraneo e nel Medio Oriente, mantenendo e rafforzando un approccio di fermezza e dialogo: questa linea insieme ferma e dialogante deve puntare a favorire il superamento delle tendenze unilateralistiche e dunque aggressive presenti nella strategia del governo russo;

nell’ambito del cosiddetto “fianco sud”, il medesimo vertice ha quindi accolto le richieste dell’Italia sulla necessità di contribuire a promuovere stabilità e sicurezza nel vicinato e in particolare nel Mediterraneo. A tale proposito è da menzionare che la nuova missione navale Sea Guardian sostituirà l’attuale Active Endeavour, con un ampio mandato per assolvere lo spettro completo di compiti associati alla sicurezza marittima, e inoltre che per supportare l’Europa nell’affrontare la crisi migratoria la Nato non solo continuerà ad assistere Grecia, Turchia e Frontex nell’Egeo ma potrà fornire supporto logistico, capacità di intelligence, ricognizione e sorveglianza, all’operazione UE Eunavfor Med Sophia;

in occasione del medesimo vertice di Varsavia è stata sottoscritta una ‘Dichiarazione congiunta’ Ue-Nato, che lo stesso Segretario generale della Nato ha definito “storica” per garantire una più stretta cooperazione tra le due organizzazioni su temi sensibili come le minacce ibride, la cyber sicurezza e la sicurezza marittima, lo scambio di informazioni e le esercitazioni comuni;

sulla gestione dei flussi migratori, l’Italia, per collocazione geografica e per vocazione umanitaria e culturale, rappresenta il primo punto di riferimento per il sud del mondo e per la stessa Europa, un ruolo che svolge con generosità e intelligenza;

oltre ad aver utilmente portato la sensibilità e l’attenzione della Nato sul Mediterraneo nell’ultimo vertice di Varsavia l’Italia ha coerentemente perseguito negli ultimi anni una politica di sensibilizzazione di tutta l’Unione europea al tema del governo delle migrazioni fino a proporre un piano complessivo, sia di misure immediate sia di medio lungo periodo per uscire dall’emergenza denominato “migration compact”, fondato  su un partenariato strategico con i Paesi africani del Sahel e dell’Africa subsahariana che rappresentano le principali sorgenti dell’emigrazione da quel continente;

importante tappa di questo processo è stata la prima Conferenza ministeriale Italia Africa del 18 maggio 2016 (organizzata dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale) con la partecipazione di oltre 40 ministri dei paesi africani di numerosi ambasciatori e rappresentanti di organizzazioni internazionali presenti e operanti in Africa;

i recenti e drammatici episodi verificatisi in Europa, nei Paesi del medio- oriente e in Asia, hanno evidenziato l’innalzamento della minaccia terroristica di matrice jihadista. In particolare, gli attentati terroristici in Francia, ideati e compiuti da cittadini regolarmente residenti sul territorio europeo, e che all’interno dello stesso circolavano liberamente, mostrano ancora una volta quanto il contrasto al terrorismo internazionale va realizzato in maniera unitaria senza far distinzione tra sicurezza interna ed esterna;

il terrorismo rappresenta una minaccia alla pace, alla sicurezza e alla stabilità di ciascun Paese, ma soprattutto ai diritti e alla libertà dei suoi cittadini e malgrado le accresciute misure di sicurezza a livello nazionale, europeo e internazionale, nonché la crescente cooperazione tra i Paesi europei ed extra europei, la minaccia terroristica in territorio europeo rimane altissima e sembra destinata a persistere nei prossimi anni;

nel Medio Oriente e adesso anche in Francia Daesh ha messo nel mirino i cristiani vittime di assassini e di persecuzioni; specie in Francia l’integralismo islamico sta attaccando in varie forme gli ebrei parte dei quali stanno tornando in Israele; la determinazione nel colpire con una forte carica simbolica le altre religioni ha come obiettivo di generare una guerra di religione; gli interventi dei leader religiosi musulmani e del Papa hanno dato prova di grande equilibrio e lungimiranza nell’evitare questa trappola;

l’azione di destabilizzazione militare portata avanti dal Daesh, in primo luogo in Siria, in Iraq e in Libia si affianca all’opera di proselitismo attraverso la rete e in particolare i social media alimentando il mito della sua presunta forza vincente. Un’opera che per essere contrastata e sconfitta necessita di una decisa azione non solo sul piano militare, che sta già conseguendo costanti e decisi successi, ma richiede un coinvolgimento delle comunità musulmane e dei Paesi islamici e un impegno sul piano sociale e culturale; per altro verso è indispensabile che le comunità musulmane non solo si esprimano in modo netto contro il terrorismo e si adoperino attivamente e pubblicamente per un contrasto alla radicalizzazione, isolando e denunciando i fiancheggiatori del terrorismo presenti al proprio interno, ma, come ha fatto il rettore di Al Azhar, contrappongano ad esso la interpretazione pacifica dell’Islam;

da questo punto di vista, è sicuramente chiara, anche a fronte dei risultati ottenuti sul terreno, la necessità di rafforzare la coalizione che combatte contro Daesh in Iraq e Siria a cui l’Italia partecipa con un ruolo di primissimo piano, tra l’altro sia con l’addestramento dei soldati e della polizia iracheni che con il coordinamento del gruppo internazionale di contrasto alle attività di finanziamento di Daesh; sia di potenziare il sistema di collaborazione e di condivisione delle intelligence nonché di specifiche iniziative di investimento nella cyber security, ma altrettanto chiara deve essere una strategia di relazioni internazionali che porti a rimuovere alcune ambiguità e connivenze che caratterizzano l’azione di alcuni Paesi dell’area medio orientale;

con il DL 18 febbraio 2015 n. 7 convertito nella legge n. 43/2015 il nostro paese ha dato, all’indomani degli attentati alla rivista parigina Charlie Hebdo, una prima concreta ed efficace risposta alla minaccia del terrorismo jihadista e al contrasto del fenomeno dei foreign figthers attraverso la repressione dell’arruolamento e dell’organizzazione di trasferimenti con finalità di terrorismo così come la repressione dell’istigazione e dell’apologia all’attentato terroristico sempre con l’aggravante dell’utilizzo di  strumenti telematici o informatici, per arrivare alle intercettazioni preventive in caso di indagini sul terrorismo;

le iniziative in corso sotto l’egida delle Nazioni Unite per promuovere il dialogo diretto fra le parti e la riconciliazione nazionale, mettere fine all’emergenza umanitaria e contrastare la presenza di gruppi jihadisti nelle regioni meridionali del paese, devono consentire di porre fine all’intervento militare della coalizione di paesi arabi richiesto dal governo legittimo dello Yemen;

Pieno sostegno va assicurato da parte italiana alla piena attuazione delle varie risoluzioni e prese di posizione del Consiglio di Sicurezza, tra cui la risoluzione 2216, per l’avvio di una transizione politica. In questo contesto è necessario che tutte le parti rispettino gli obblighi del diritto internazionale umanitario e in particolare l’incolumità dei civili e del personale umanitario;

la chiara condanna del golpe militare in Turchia, espressa dall’Italia e da tutta l’Europa non può impedire un giudizio fermo e coerente di indisponibilità a giustificare vendette, epurazioni, violazioni dello Stato di diritto o limitazioni degli spazi democratici, tutte azioni incompatibili con il rispetto dei diritti umani e i pilastri della civiltà giuridica europea che la Turchia si è impegnata a rispettare con la firma della CEDU. Tali azioni repressive indiscriminate rischiano oltre a peggiorare il contesto democratico del Paese – in prospettiva – a comprometterne la stabilità, di pregiudicare indefinitamente le prospettive della sua adesione all’Unione Europea. non è in alcun modo accettabile l’adozione di quelle misure repressive messe in atto in queste ultime settimane dal governo turco, che ben oltre i responsabili reali o presunti del golpe hanno colpito decine di migliaia di giudici, giornalisti, docenti, avvocati etc responsabili unicamente di essere sospettati di scarsa lealtà verso il partito al potere. Tutto questo pur tenendo in considerazione i danni provocati dalla incoerente ed intermittente politica di alcuni Stati membri nei confronti del processo di adesione della Turchia alla UE;

nei giorni successivi al fallito golpe per rovesciare il Presidente della Turchia Racep Tayyp Erdoğan e precisamente il 22 luglio u.s. il Segretario generale del Consiglio d’Europa Thorbjørn Jagland riceve una comunicazione ufficiale dal governo turco, nella quale le autorità di Ankara annunciano la volontà di derogare alla Convenzione Europea dei diritti umani. La possibilità di deroga è prevista dall’articolo 15 della Convenzione. Questo dà facoltà agli Stati che ne sono parte di sospendere temporaneamente l’applicazione di alcuni diritti “in caso di guerra o in caso di altro pericolo pubblico che minacci la vita della nazione”, e di prendere le misure necessarie per far fronte all’emergenza;

lo stesso articolo 15 della convenzione Europea dei Diritti Umani prevede dei limiti a tale sospensione innanzitutto di tempo, ma anche che esistano dei diritti assolutamente inderogabili quali il diritto alla vita e la proibizione della tortura; a tale proposito preoccupano le intenzioni espresse dal governo turco di ripristinare la pena di morte che la Turchia ha abolito in tutte le circostanze aderendo alla CEDU e in particolare al protocollo 13;

la Turchia per la sua posizione strategica nell’area del Mediterraneo e per il ruolo che rappresenta all’interno della Nato e non ultimo per il ruolo nella gestione dei migranti che fuggono dalle guerre del Medioriente, non può essere una democrazia dimidiata ma deve rafforzare lo stato di diritto interno e la salvaguardia dei diritti umani;

con la Conferenza di Roma del 2015, gli accordi di Skirat e la risoluzione 2259 delle Nazioni Unite e soprattutto con l’insediamento a Tripoli del governo di accordo nazionale nel marzo di quest’anno, la situazione in Libia, anche grazie alla tenace determinazione del nostro Paese che ha coinvolto con successo la gran parte della comunità internazionale ha cominciato a conoscere una svolta in direzione della stabilizzazione;

a questo percorso di coinvolgimento internazionale l’Italia ha affiancato immediatamente quello per un rafforzamento del consenso intralibico al governo Sarraj attraverso il coinvolgimento delle istituzioni locali e di quelle che governano le risorse petrolifere e una paziente opera di tessitura diplomatica finalizzata alla massima inclusione nel processo di stabilizzazione delle tribù e delle fazioni ancora in campo;

l’Italia ha lavorato e continuerà a lavorare per l’integrità territoriale della Libia in ragione del fatto che una eventuale divisione del paese aumenterebbe il conflitto interno strumentalizzato e strumentalizzabile da altre potenze regionali, e che solo una Libia unita può rappresentare una garanzia di stabilità per la popolazione libica e un interlocutore credibile e affidabile per l’Africa e per il Mediterraneo;

l’insediamento del governo Sarraj con l’avallo delle Nazioni Unite ha determinato le condizioni per l’arretramento di Daesh a Sirte, passato in un anno a controllare da  9000 a 20 kmq di territorio grazie alla battaglia che vede protagoniste le milizie di Misurata insieme alla Petroleum Facilities Guard e, da ultimo, anche con il sostegno aereo a obiettivi mirati assicurato dagli Stati Uniti, su richiesta dello stesso Governo di accordo Nazionale come previsto anche dalla risoluzione 2259 del Consiglio di sicurezza;

l’Italia ha ospitato ripetutamente riunioni dei sindaci libici a dimostrazione di una strategia volta al coinvolgimento delle comunità e della società civile locali nel processo di stabilizzazione, di capacity building e di riconciliazione nazionale in Libia;

l’insieme delle diverse situazioni di tensione ed i significativi impegni che vedranno nel prossimo futuro l’Italia protagonista negli organismi internazionali quali, l’organizzazione del Vertice G7 nel 2017 in Sicilia, la partecipazione in qualità di membro non permanente al Consiglio di sicurezza dell’ONU nel 2017, l’organizzazione del prossimo vertice sui Balcani occidentali che si terrà in Italia nell’estate del 2017, la presidenza dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (Osce) per l’anno 2018, designazione votata all’unanimità dai 57 Paesi membri, sono tutti passaggi che richiedono uno sforzo unitario del Paese e che confermano la necessità di una visione improntata sul consolidamento delle nostre alleanze strategiche;

impegna il Governo

a proseguire, nello spirito di Ventotene, nell’azione di cambiamento dell’Europa contribuendo a renderla più umana, più giusta, più vicina ai bisogni reali dei cittadini, più coesa e fortemente radicata nei principi di sussidiarietà e proporzionalità, a tal fine facendosi promotore – anche in vista dei 60 anni dal Trattato di Roma – di una grande iniziativa per mettere al centro proposte in favore di una nuova governance europea, soprattutto istituzionale e costituzionale, per superare la situazione di stallo e di debolezza dell’Europa, aggravata dall’esito dei referendum britannico, con interventi capaci di rinnovare il progetto europeo, accrescere la legittimità democratica e recuperare il consenso dei cittadini,

a proseguire e a potenziare il ruolo dell’Italia nelle sedi europee quale interlocutore propositivo e propulsivo affinché il processo di integrazione europeo sia contraddistinto da nuove politiche improntate alla crescita, agli investimenti e all’occupazione, alla promozione della cultura;

a imprimere una rinnovata funzione guida dell’Unione europea sulla scena internazionale, rafforzando la sua autonomia strategica e potenziando le sue capacità operative attraverso il rilancio della prospettiva di una Difesa comune;

a rendere rapidamente operativo, sulla scia delle proposte italiane, il Migration compact europeo, come parte del superamento di fatto del sistema dell’asilo basato sugli accordi di Dublino, con l’impegno a reperire nuove risorse e diverse fonti di finanziamento comunitarie, tali da rendere efficaci gli accordi di cooperazione e di partenariato con i paesi terzi e africani, in particolare con quelli di origine e di maggiore transito di flussi migratori e di rifugiati;

a proseguire nel sostegno, nel quadro delle misure volte a favorire il superamento delle ragioni strutturali dell’immigrazione di tipo economico ed ambientale, a forme di partenariato e di collaborazione economica e sociale, da affiancare agli interventi tipici della cooperazione internazionale, finalizzate alla individuazione di filoni di intervento in cui siano coinvolti gli operatori economici nazionali e dei paesi di destinazione; a proseguire nell’azione di orientamento dell’azione dell’Alleanza atlantica in supporto delle missioni portate avanti dal nostro Paese e dall’Unione europea per il controllo dei flussi migratori nel Mediterraneo centrale, il soccorso in mare degli immigrati, la prevenzione e la repressione dei traffici illeciti gestiti dalle organizzazioni criminali, anche quali forme di destabilizzazione e di finanziamento del terrorismo internazionale;

a valutare la possibilità di farsi promotore di una nuova strategia di relazioni internazionali volta a orientare e favorire il superamento di comportamenti omissivi o, addirittura, collusivi con il terrorismo internazionale e l’estremismo violento da parte di alcuni Paesi dell’area medio orientale;

a continuare nell’impegno di contrasto a Daesh all’interno della coalizione internazionale contro il terrorismo;

a portare avanti le iniziative di collaborazione e condivisione delle intelligence, a livello europeo e transatlantico e con i Paesi della regione, per prevenire e scongiurare la minaccia terroristica nei nostri territori, dedicando una specifica attenzione ed eventuali investimenti per il potenziamento della cyber security;

a proseguire nell’azione di contrasto del radicalismo e del fanatismo religioso, attraverso il costante coinvolgimento delle comunità islamiche presenti nel nostro Paese e delle diverse confessioni religiose, per la definizione di una vera e propria strategia nazionale, in linea con gli indirizzi definiti in sede comunitaria, dedicando una specifica attenzione alla formazione dei diversi operatori impegnati nella sicurezza nazionale, con particolare riguardo per coloro che svolgono la loro funzione all’interno delle strutture carcerarie o nei centri di accoglienza;

a confermare, in raccordo con gli altri Paesi dell’Unione e con le istituzioni comunitarie, il giudizio di netta condanna per il golpe ed il tentativo di destabilizzazione della Turchia, quale alleato strategico in un area di primaria importanza geopolitica, al contempo ribadendo l’indisponibilità a tollerare reazioni non compatibili con la civiltà giuridica europea;

a perseverare nello sforzo di giungere a una definitiva conciliazione nazionale tra le le diverse fazioni attive e operanti  in Libia promuovendo un dialogo continuo e a 360 gradi che non escluda nessuno ma che tenga fermi due obiettivi fondamentali: il rafforzamento del governo di accordo nazionale e l’integrità territoriale della Libia;

a portare le questioni relative all’implementazione di una strategia di Capacity Building per  la Libia all’attenzione delle istituzioni comunitarie e più precisamente dell’Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza dell’Unione europea al fine di giungere ad una politica europea sulla Libia che sia univoca e senza ambiguità;

a continuare a sostenere quanto il Governo di accordo nazionale farà per contrastare Daesh, anche nel solco di quanto previsto dalla risoluzione 2259 del Consiglio di sicurezza;

a svolgere in tutte le sedi diplomatiche opportune qualsiasi iniziativa volta a una rapida attuazione degli accordi di Minsk, in modo da rendere sicura la stabilità statuale dell’Ucraina e al fine di ripristinare normali relazioni economiche e commerciali fra l’Italia e la Russia;

anche in vista dei molteplici appuntamenti internazionali che vedranno un ruolo centrale per il nostro Paese, a proseguire nell’azione di consolidamento e di rilancio delle alleanze e delle coalizioni internazionali cui partecipa l’Italia.

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