13 maggio – Danimarca, Kaj Munk

Questo itinerario europeo attraverso le voci della resistenza ai poteri totalitari, della libertà di coscienza e delle anime che amano la libertà non è un itinerario che compio da solo. Amici e amiche  che risiedono in Italia e fuori d’Italia mi accompagnano e suggeriscono storie da ricordare. Tra queste quella di Kaj Munk, danese, le cui parole vanno rilette oggi.

Quando qui nel nostro Paese si comincia a perseguitare un certo gruppo di nostri connazionali solo a causa della loro origine, allora è dovere cristiano della Chiesa far risuonare l’appello: «Questo è contro la misericordia, legge fondamentale che regge il Regno di Cristo, ed è ripugnante  per il libero pensiero della gente del Nord.» Se questo dovesse avvenire ancora una volta , cercheremo allora, con l’aiuto di Dio, di portare il popolo alla sollevazione. Perché un popolo cristiano che osserva passivamente come i propri ideali vengono calpestati, introduce nella propria  capacità di giudizio il germe della corruzione  e va incontro all’ira di Dio.”
Queste parole furono pronunciate dal poeta, drammaturgo e pastore luterano Kaj Munk il 5 dicembre 1943 nella cattedrale di Copenhagen. I vertici militari d’occupazione l’avevano dichiarato persona indesiderata nella capitale e gli avevano vietato di parlare in pubblico, ma su richiesta dei propri confratelli lo scrittore tenne egualmente una predica in cui minacciò ripetutamente la rivolta del popolo danese contro i nazisti a causa della persecuzione degli ebrei. Esattamente un mese dopo, la sera del 4 gennaio 1944, un commando delle SS prelevò il pastore dalla sua casa e lo fucilò in aperta campagna, abbandonando per strada il suo corpo senza vita. Veniva così eliminato uno dei principali ispiratori della resistenza pacifica con cui il popolo danese, in una gara unanime di solidarietà senza paragoni nel resto d’Europa,  si era prima opposto alla persecuzione degli ebrei e ne aveva poi largamente sventato la deportazione di massa.  Nell’arco della prima settimana dell’ottobre 1943, in seguito alla notizia  che le forze naziste di occupazione avevano messo in moto il piano di deportazione, ben 7000 degli 8000 ebrei danesi vennero nascosti e trasferiti clandestinamente in Svezia. L’ebreo danese Salle Fischermann, sopravvissuto al lager di Theresienstadt,  ha raccontato nel 2003: «Molti danesi presero spontaneamente l’iniziativa. Tutti collaborarono, potendo, a organizzare nascondigli o mezzi di fuga: ambulanze, persino camion della spazzatura – fu utilizzato tutto ciò che poteva viaggiare. Ospedali e chiese erano i nascondigli  principali. I danesi hanno persino raccolto denaro per pagare ai pescatori la pericolosa fuga via mare (verso la Svezia). E bisogna dire che a  quel tempo non avevano praticamente fonti di guadagno. Persino i deportati non furono dimenticati : raccoglievano denaro per pacchi di aiuto che spedivano nei lager. Vorrei sottolineare che noi siamo soprravvissuti solo grazie a quest’aiuto.”
Kaj Munk viene commemorato come martire dalla Chiesa Luterana ed è sempre vivo nel cuore del popolo danese come testimone esemplare della resistenza morale e spirituale alla follia nazista. Nel 1955, il regista danese Carl Theodor Dreyer ha realizzato il suo capolavoro “Ordet” (“Parola”), a partire dall’omonimo testo teatrale di Kaj Munk.
Abbiamo fatto un bell’incontro in Friuli assieme a Debora Serracchiani e Simona Caselli e il mondo della cooperazione. Uno dei mondi più attenti all’Europa perché in Europa si gioca (il 17 giugno è atteso il pronunciamento sulla cooperazione norvegese) il riconoscimento della sua specificità. Da un lato il mondo della cooperazione è riconosciuto nel Trattato come un’esperienza fondamentale portatrice di un modo specifico di fare imprenditoria, dall’altro viene accusato dai suoi concorrenti di godere di “aiuti dello Stato” perché fruisce di un diverso trattamento fiscale. Sotto gli aspetti tecnici si gioca un aspetto importante, il riconoscimento di un modo diverso di produrre che non si sottrae al rispetto delle regole e alla concorrenza, ma che pone al centro la solidarietà tra i soci e tra le generazioni. La linea della cooperazione nei confronti dell’Europa è chiaramente espressa nel documento di “Cooperatives Europe” http://www.coopseurope.coop/spip.php?article644. E’ un potenziale di “solidarismo responsabile” che in epoche di “individualismo assistito” come il nostro non deve andare disperso, ma deve essere valorizzato in tutte le sue dimensioni dal locale al globale.
La giornata dedicata alla Danimarca non può dimenticare il motto dell’amato Kierkegaard “solo il difficile ispira i nobili di cuore” che sorregge questa campagna elettorale e la favola di Andersen “Le calosce della felicità” che racconta di quello studente di teologia che voleva vivere vite diverse dalla sua e con delle magiche calosce si trasferiva in esistenze sempre diverse. Finché giunse a desiderare di vivere una vita senza corpo. Il suo desiderio fu esaudito e si trovò morto su un catafalco. Allora la fata della felicità che aveva esaudito i suoi desideri solo per insegnargli a vivere la “sua” vita, lo risvegliò dicendo “ancora molte lotte lo attendono”.
Un po’ di incarnazione, perbacco. Ancora molte lotte ci attendono.

3 risposte a “13 maggio – Danimarca, Kaj Munk”

  1. Caro Michele, seguo con gioia la tua carrellata sull’Europa! Mi si apre il cuore…Ti suggerisco, quando passerai per l’Olanda, di incontrare Etty Hillesum e il suo dolcissimo (nel senso Maritainiano..) Diario. La distinzione che lei fa tra ‘temprato’ e ‘indurito’ è degna di Sophie Scholl: anche noi dobbiamo diventare ogni giorno più temprati, ma induriti non dobbiamo diventarlo mai! Buon lavoro a tutti!

  2. Suggerimento per la prossima puntata:
    Clemens August Graf von Galen (1878-1946)
    Dopo i primi anni trascorsi a Dinklage, Germania, sua città d’origine, si trasferisce nel 1898 a Innsbruck per studiare Teologia. Torna poi in Germania, e per circa trent’anni opera presso varie diocesi della nazione. Nel 1933 Papa Pio XI lo nomina Vescovo di Münster. Von Galen inizia immediatamente a contestare, attraverso le sue prediche, le azioni del nazionalsocialismo, criticandone in particolare la politica razziale. Nonostante le intimidazioni, von Galen continuerà fino alla fine della guerra a denunciare i crimini del nazismo.
    Nel 1941 von Galen, attraverso le sue prediche, riuscirà a costituire un ampio blocco di opposizione, formato da autorevoli esponenti della Chiesa tedesca, al progetto di eutanasia degli handicappati che si stava all’epoca realizzando. Nel timore di perdere il consenso dell’opinione pubblica, che sensibilizzata da questa iniziativa iniziava anch’essa a contestare l’opera di bonifica razziale, Hitler si convinse a sospendere “ufficialmente” il progetto. Nella realtà, però, lo sterminio degli handicappati continuerà fino al 1945.
    Nel febbraio 1946 von Galen sarà nominato Cardinale da Papa Pio XII. Poco più di un mese dopo, morirà a Münster.

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